La dimensione educativa della dirigenza scolastica

di Antonia Carlini

Tempo di scrutini: valutazioni sommative, griglie … e voti non sempre sufficienti che richiedono una riflessione attenta e consapevole sulle variabili indipendenti messe in campo (quale lettura dei bisogni? quali strategie di semplificazione e di adeguamento del compito di apprendimento? quali condizioni per facilitare? quale attenzione metodologica? quali canali e mediatori per raggiungere stili di apprendimento differenti? quali contesti per attivare e motivare? quali processi orientativi? quali ambienti di relazione e di apprendimento per attivare e motivare …?), oltre che sulle variabili assegnate dell’alunno (scarso impegno, demotivazione, carenze antiche, scarse potenzialità, limiti culturali …).                                                   

Un dirigente scolastico che sente la responsabilità del successo o dell’insuccesso formativo dei suoi alunni e che mantiene viva la passione per l’insegnamento promuove la riflessione della collegialità docente sui processi che hanno portato agli esiti registrati e incoraggia azioni di miglioramento di risultati che non sono solo i risultati degli alunni. Mantenere viva la passione per l’insegnamento e continuare a coltivare la curiosità per la ricerca educativa sono condizioni indispensabili per l’esercizio di una leadership educativa autorevole, capace di mediare conoscenze e modelli, di promuovere valori e pratiche educative, di animare la comunità professionale in contesti di partecipazione vivaci e dinamici, caratterizzati da interdipendenza positiva e orientati al miglioramento della qualità della scuola in termini di equità dell’offerta e dei risultati formativi.                                                                

Una passione che alimenta la dimensione educativa della dirigenza scolastica, una dimensione di specificità sempre più fagocitata dall’attività organizzativa e da quella amministrativa, che occupano spazi progressivamente più ampi con l’aumentare della complessità della scuola in termini quantitativo-dimensionali, a seguito degli interventi di razionalizzazione, e in termini qualitativo – processuali, per effetto dei cambiamenti sociali e delle mutate emergenze educative.
L’attività organizzativa e quella amministrativa sono funzionali alla dimensione educativa, non la sostituiscono, poiché traducono in profili, procedure, documenti e atti, anche amministrativi, scelte e decisioni della comunità professionale che richiedono, comunque, una costante azione di coordinamento, di impulso e di supporto per il funzionamento della scuola (accoglienza, partecipazione, benessere, relazioni, clima …), per la qualità dei suoi processi (pratiche didattiche e valutative, apprendimento organizzativo) e dei suoi prodotti (educazione, istruzione, formazione).

 

L’attività di promozione e di coordinamento necessita però di tempi certi e distesi, di presenze e contatti diretti e si traduce nella cura quotidiana delle relazioni con i docenti e con il personale della scuola, con gli studenti, con le famiglie e con gli altri soggetti del territorio, in contesti formali e, soprattutto, informali.

Relazioni a più livelli che creano legami, sviluppano senso di appartenenza alla scuola e al suo progetto educativo, coinvolgono autenticamente e sinergicamente insegnanti, genitori, studenti, altri soggetti-risorse del territorio, nei suoi momenti più importanti: la lettura equa dei bisogni educativi, la progettazione di interventi mirati, la ricerca e la sperimentazione di pratiche educative e didattiche inclusive, lo sviluppo delle competenze professionali, la valutazione per il miglioramento dei processi di insegnamento-apprendimento e di partecipazione.

 

(Pubblicato su Dirigenti News rivista on line CISL Scuola, Anno III, n. 1 – 7 gennaio 2014 )

Nota

 All’articolo è allegato un “atto di indirizzo” del dirigente ai docenti alle prese con alunni in difficoltà (ordinarie) di apprendimento, da assumere come testo-base per una riflessione da condurre sul piano individuale e collegiale in cui si esplica la dimensione professionale dell’insegnante.

Un esempio di utilizzo dell’azione amministrativa come risorsa per il miglioramento della qualità della scuola e dei processi educativi che in essa si sviluppano. 

La dimensione educativa della dirigenza scolasticaultima modifica: 2014-01-21T19:54:25+01:00da learninggroup
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2 pensieri su “La dimensione educativa della dirigenza scolastica

  1. Due cose,in particolare, mi fanno riflettere:
    a) l’importanza,per un Dirigente, di continuare a sentire la “passione per l’insegnamento”, sì perché chi dirige una scuola deve avere ben presente che per poter muovere i fili che favoriscono il funzionamento (amministrativo e organizzativo)occorre vedere chiaramente dall’alto quali siano le ragioni educative e formative che stanno alla base di tutto. E’ questa la figura di Dirigente che mi piace, non un burocrate ma uno che ama l’educazione e mette in atto tutti quei processi che possano servire a stimolare,facilitare, potenziare l’attività didattica dei docenti che lavorano nella sua scuola.
    b)Importante che il Dirigente promuova e ricordi costantemente la riflessione della collegialità docente : spesso prevale l’isolamento “volontario” del docente che non vede l’indubbia efficacia di un processo educativo condiviso!

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