Educare? Promuovere le potenzialità

“Il buon senso tardava a vedersi perché si nascondeva dietro il pensare comune” (A. Manzoni)

di Gavino Fancellu (IISTCG “Don G. Pes” Tempio Pausania)

 

Panacèa e Igea figlie di Asclepio (Esculapio in latino): la prima personificazione della guarigione, la seconda della salute. Con la prima si evidenzia il problema della malattia, da curare, con la seconda, invece, la condizione di salute. 

L’approccio scolastico è di tipo panacea se c’è un problema, e questo è un deficit. Si interviene solo se ci sono problemi. Come un chirurgo. Si rimane tranquilli solo quando il ragazzo non disturba più. Lo si normalizza. E’ un metodo punitivo, prescrittivo e moralistico. Sbagliato. E nell’educazione non dovrebbe essere così.

L’approccio Igea, invece, è simile a quello di certe concezioni mediche dell’antichità  per cui i medici erano retribuiti per abitanti… sani. Se gli ammalati aumentavano lo stipendio veniva decurtato. Così i medici erano impegnati a fare prevenzione vera. La scuola, a mio giudizio, dovrebbe lavorare a imitazione di tali metodi: intervenire sull’agio per prevenire il disagio.

Il comportamento buono in classe, dunque, tanto spesso reclamato dai docenti, è una piccola cosa. Centrale è la persona del ragazzo. L’educativo prevale sul resto. Educare, infatti, non vuole solo dire tirare fuori qualcosa da qualcuno, ma anche accompagnare qualcuno da qualche parte. Orientare. E orientare significa creare opportunità, promuovere le potenzialità.

“Se ami i tuoi alunni  puoi fare tutto quello che vuoi” diceva don Milani, prendendo dalla tradizione patristica tutta la sua psico-pedagogia.

Perché?

Perché l’uomo per crescere bene ha bisogno di una relazione accogliente e totalizzante. E questo bisogno di accoglienza ci rimane anche da adulti. Un ragazzo in età evolutiva, pertanto, non può rinunciare ad essere amato. È una pretesa assoluta che non si può fargli mancare. E nessun educatore può rinunciare ad usare questi valori. Senza questa percezione della vita scolastica non si può fare scuola.

La scuola prende in consegna la totalità dell’umanità dei ragazzi. Chi scinde l’insegnamento della propria disciplina da questi elementi umani, forse, a mio giudizio, non dovrebbe insegnare.

L’insegnante, infatti, non è pagato semplicemente per insegnare, ma per fare apprendere. Per aiutare i giovani ad apprendere è necessario trasmettere benessere psicologico.

Il problema non è dunque capire come fare per ‘formattare’ o ‘normalizzare’ gli allievi, ma cercare in che modo possiamo comporre, e disporci insieme per riconoscere, la molteplicità (di ogni persona allievo), che eccede l’etichetta… Si tratta di scoprire che la vita non è da ‘guarire’, ma da vivere semplicemente” (M Benasayag, G. Schmit, L’epoca delle passioni tristi).  Se un docente non sperimenta questo benessere non potrà neppure mai trasmetterlo.

Educare? Promuovere le potenzialitàultima modifica: 2014-05-23T21:29:49+02:00da learninggroup
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