Tra voti dei docenti e voti ai docenti

Considerazioni in merito all’articolo di M. Muraglia: Se lo promuoviamo… che segnale diamo ai suoi compagni?

La valutazione degli studenti è, da sempre, occasione di analisi socio-pedagogiche differenti e di confronto/scontro tra scuole di pensiero diverse. Sono assolutamente d’accordo con il prof. Muraglia quando dice che, tutto sommato, nella fase di scrutinio finale, le scuole vivano, implicitamente o esplicitamente, il dominio della “discrezionalità” più assoluta. E il voto numerico, totem  della nostra scuola, da tempi immemorabili, non accenna a perdere la sua padronanza. Questo feticcio, anzi, ha trascinato, e continua a trascinare, generazioni di studenti e insegnanti, offrendo speranze e illusioni  (a seconda dei punti di vista) devastanti.

Dico devastanti perché assisto ogni anno a un degrado che solo la scuola “votificio” è capace di compiere: studenti che si illudono di essere “bravi” solo se riescono ad avere voti alti in certe materie (e viceversa, studenti che si convincono di non valere nulla o che, dal loro primo ingresso nella scuola, sono già, irrimediabilmente, bocciati), ma che, alla fine, quando interviene un fattore esterno (l’esame di stato, il test universitario, il colloquio con un’azienda, etc…), quel voto alto non li salva affatto (o, ma sono una rarità, quel voto basso viene smentito da una brillante carriera universitaria e professionale). Un tempo ci si fidava dell’asserto: “sbagliando si impara”, ma oggi neppure questo vale più un soldo bucato. Sbagliando si impara a sbagliare, direi, e l’antico “totem” scolastico la vince sempre.

Il voto, insomma, è sempre più un assioma, una verità dogmatica. Eppure esso dovrebbe coniugare in maniera sintetica conoscenze e competenze, psicologia e pedagogia, valutazioni socio-relazionali e ambientali, etc… .  Ma, come dice bene il Muraglia, è anche espressione di “facciata-immagine-consenso”. È una maschera. E non credo si possa contraddire facilmente. Ogni voto porta con sé anche tutta la negatività che ogni insegnante scatena quando si trasforma in “censore cattedratico”, “sacerdote del merito”, cultore dello “zelo educativo”, attuale neo-profeta, cui è affidato il compito di ristabilire giustizia ed equità, dividendo i buoni dai cattivi. È un vero e proprio furore religioso, insomma, che opera in nome di un dio scuola che ha il voto come suo vero feticcio.

Ma non doveva essere finita questa tipologia di scuola divinità? Che ha elevato gli insegnanti a sacerdoti e mediatori assoluti della sua verità? Verità che diventa poi performante anche a livello sociale: l’alunno bocciato e ri-bocciato; dichiarato di scarso valore e rimandato ogni anno; oppure, promosso con voti alti, bassi o modestissimi, etc… rischia di portarsi anche nella società  l’etichetta ideatagli dal grande guru scolastico.

Quando finirà la schiera dei docenti che si uniforma a questo comodo modus procedendi che mette al riparo dalla fatica della ricerca, dell’aggiornamento, del sapersi rimettere in gioco?

Serve una ridefinizione giuridica della figura professionale del docente (come forse già avvenuta per le nuove leve?), ma serve offrire ai docenti in servizio occasioni permanenti di riqualificazione professionale. Può vivere, infatti, un docente per tutta la durata della sua carriera,  affidandosi solo ed esclusivamente alla formazione conseguita negli anni universitari?  Questi ultimi, poi, lo dicono molti studi, possono essere un valore aggiunto, per una onorata carriera di docente, solo per i primi cinque anni di professione, ma non oltre. Oltre il lustro, quindi, non credo si possa andare con il solo bagaglio universitario. Cinque anni oggi sono un tempo molto lungo per chi non compie più nessuna ricerca o studio universitario. Passato quel tempo anche il bagaglio acquisito in università si consuma e si perde. E poi bisogna fare i conti anche con le abitudini, le furbizie, le circostanze, le convenienze, gli interessi personali e di gruppo o di categoria, etc… che non sempre giocano a favore della professionalità.

 I docenti dovrebbero, allora, essere chiamati a compiere un percorso di aggiornamento professionale impegnativo, con esami e valutazioni con scadenze periodiche. Così, forse, si potrebbe ristabilire un rapporto significativo tra insegnanti, studenti e voti. Quando non si dimentica che l’apprendimento è una esperienza di tutti e che dura tutta la vita, e quando, apertamente, ci si sottomette alla fatica del comprendere e alla crisis del voto altrui, si capisce meglio la sofferenza degli altri (ergo allievi tuoi) e si impara  più facilmente come aiutarli ad andare avanti, a non fermarsi e a resistere al dolore e alla fatica di guadagnarsi la cima.

Gavino Fancellu  IISTCG “Don G. Pes” Tempio Pausania

Tra voti dei docenti e voti ai docentiultima modifica: 2014-06-09T18:30:38+02:00da learninggroup
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